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Il Blocco dello Scrittore
(e Altri Malanni dell’Anima)

Immagina la scena: hai una tazza di caffè fumante, playlist jazz di sottofondo, dita pronte a battere sulla tastiera. Un’idea brillante ti ha fatto l’occhiolino poco fa, eri convintissim* che avrebbe rivoluzionato la letteratura, o almeno Instagram. E poi… niente. Vuoto cosmico. Come quando mandi un messaggio a qualcuno e ti ritrovi a fissare per ore quelle maledette spunte blu. La creatività ti ha fatto il ghosting.
Sì, proprio così: il blocco dello scrittore è l’equivalente artistico di una relazione che sembrava promettente e invece si è dissolta nel nulla, lasciandoti lì a chiederti “ma ho sbagliato qualcosa?”.
Ma tranquillo, sei in ottima compagnia. Anzi, direi che sei in una compagnia d’élite.
Pensa che negli anni ‘20, niente meno che F. Scott Fitzgerald — sì, proprio quello del Grande Gatsby — si trovò a combattere contro un blocco creativo paralizzante. Complice l’alcolismo, una vita sentimentale degna di un dramma teatrale e la diagnosi di schizofrenia della moglie Zelda, Fitzgerald smise praticamente di scrivere. Insomma, se anche lui ha avuto bisogno di una pausa, forse possiamo concederci di non sentirci in colpa per una giornata (o settimana… o mese) di creatività latitante.

Che cos’è il blocco dello scrittore?
Nel 1947, lo psicoanalista austriaco Edmund Bergler decise di gettare una luce freudiana sul blocco dello scrittore. Secondo lui, la colpa sarebbe da attribuire a traumi infantili legati a madri che non allattavano e a un curioso masochismo orale. Quindi, se sei cresciuto a latte artificiale… benvenuto nel club. E se poi da grande hai deciso di fare il cassiere invece dello scrittore, tranquillo: il blocco potrebbe comunque venire a trovarti.
Pensavi il blocco riguardasse solo gli scrittori? Ti sbagliavi. Sergej Rachmaninov, colosso della musica russa, cadde in una crisi creativa totale dopo il flop della sua Prima Sinfonia. Niente più ispirazione, niente più note. Solo silenzio. Fortunatamente, ne uscì grazie a un trattamento (e a un terapeuta paziente). Ma l’idea resta: il blocco non è esclusiva degli scrittori, e nemmeno degli artisti. È democratico, colpisce tutti.

E allora, siamo di fronte ad un nome ingiusto?
Si. Chiamarlo “blocco dello scrittore” è riduttivo. Il blocco colpisce chiunque faccia qualcosa con passione e dedizione: un designer che non riesce a disegnare, un meccanico che guarda il motore come se fosse un geroglifico, un idraulico che fissa una tubatura ribelle.
Il blocco è l’incapacità emotiva di fare ciò che, in teoria, sappiamo fare benissimo. Il flusso si inceppa. Le emozioni si infilano tra noi e l’azione come ospiti molesti che non sai mai come mandar via.
Equando arriva il blocco, sappi che non viene mai da solo. Si porta amici: ansia, frustrazione, autocritica e quel delizioso senso d’inadeguatezza che ti fa venire voglia di mollare tutto e aprire una pasticceria in un villaggio sperduto.
Immagina: la frustrazione entra in casa senza bussare, si toglie le scarpe lasciando impronte fangose. L’ansia si siede sul tuo divano preferito e ti fissa in silenzio. L’autocritica? Sta già commentando il tuo outfit mentale. E tu lì, bloccat*.
E se invece di ignorarle, queste emozioni le invitassimo a parlare? Se prendessimo una tazza di tè con la nostra ansia (sì, sul serio). Invitala dentro. Offrile un tè. E chiedile: “Ehi, cosa vuoi dirmi davvero?”

Ti propongo un esercizio. Si chiama: IERI È VENUTA A TROVARMI…
- Scegli un’emozione che ti sta bloccando ultimamente: ansia, paura, rabbia, frustrazione, tristezza.
- Scrivi una piccola scena, come se quella emozione fosse una persona che ti fa visita. Inizia con “Ieri è venuta a trovarmi…” ad esempio la rabbia.
Scrivi:
- Com’era vestita?
- Cosa ha detto appena è entrata?
- Dove si è seduta?
- Ti ha ignorato o ha voluto raccontarti la sua infanzia complicata?
- Ha chiesto un caffè… o ti ha rubato il tuo?
La verità è che il blocco non è solo mancanza di idee: è un segnale. È il corpo che dice “fermati un attimo”, è l’inconscio che vuole spazio. Non è un nemico, è un messaggero con modi un po’ bruschi.
Okay, intrepido scrittore in preda al panico. Ti faccio Call to Action.
Hai cinque minuti?
Apri un documento, prendi carta e penna, o manda un vocale a te stesso. Prova l’esercizio “Ieri è venuta a trovarmi…”. Fallo anche solo per giocare, per curiosità.
E se ti va, condividi con noi il risultato.
L’ingegnera delle storie
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